Che rischi corriamo quando investiamo?

In finanza vale una regola: “più alto il rischio di un investimento, più alto è il suo rendimento atteso”, ossia il guadagno che l’investitore si aspetta di ottenere alla fine del proprio investimento. Ma attenzione! Tale guadagno (il rendimento atteso), essendo stimato prima di effettuare l’investimento, è solo probabile, non certo. Il che significa che, al termine dell’investimento, il rendimento che il soggetto potrebbe avere effettivamente ottenuto, potrebbe essere più basso rispetto alle sue previsioni iniziali, ma anche più elevato rispetto alle sue aspettative originarie. Il rischio infatti non deve essere visto esclusivamente come un elemento negativo, ma come un elemento essenziale di ogni investimento, senza il quale non sarebbe possibile ottenere nessun rendimento.

Possiamo, infatti, immaginare il rischio come una misura di quanto ampie sono state le fluttuazioni di prezzo di uno strumento finanziario. Se uno strumento ha un rischio più elevato, e quindi fluttuazioni più ampie, vorrà dire che la probabilità di osservare ampi spostamenti (sia in positivo sia in negativo) del prezzo di tale strumento sarà più elevata; viceversa, se uno strumento ha un rischio minore, allora sarà più probabile osservare scostamenti dal prezzo iniziale (sia in positivo sia in negativo) più piccoli.

Come visto in precedenza, esistono investimenti più o meno rischiosi, ai quali corrispondono guadagni attesi più o meno elevati. L’atteggiamento di un investitore, che sta per effettuare un investimento, è generalmente influenzato da una pluralità di fattori, come ad esempio:

la sua propensione al rischio, ossia la “disponibilità” del soggetto di subire possibili perdite a fronte di aspettative di rendimento più elevate. Ogni soggetto è caratterizzato da una differente propensione al rischio; questo livello di tolleranza è assolutamente personale, ma viene influenzato nel tempo sia da fattori esterni (quali ad esempio la situazione finanziaria, economica e sociale), sia da fattori interni (come per esempio lo stato d’animo che il soggetto prova nel momento della scelta degli investimenti da effettuare: essere particolarmente ottimisti nel momento della scelta può portare a preferire investimenti più rischiosi; viceversa se il soggetto è in quel momento depresso);

il tempo di cui l’investitore potrà privarsi della disponibilità delle risorse, (ossia l’orizzonte temporale dell’investimento): a parità di altre condizioni, se l’orizzonte temporale in cui siamo disposti a investire è breve, è più opportuno effettuare investimenti a basso rischio, perché avremo meno tempo per recuperare eventuali perdite che dovessimo registrare. Al contrario, se l’orizzonte temporale è di medio o lungo termine, possiamo investire invece una parte del nostro portafoglio anche in strumenti con un grado di rischio più elevato, che offrono un rendimento atteso più alto, poiché avremo un tempo maggiore per recuperare eventuali perdite;

il suo livello di consapevolezza finanziaria: più siamo consapevoli del rapporto che esiste fra rischio e rendimento e dei possibili fattori che influenzano l’andamento dei nostri investimenti (es. andamento dei tassi di mercato, rischiosità dell’emittente, …), più siamo in grado di gestire serenamente anche andamenti inattesi negativi dei nostri investimenti. Un buon investitore conosce infatti molto bene gli strumenti finanziari nei quali è disposto ad investire per far fruttare i risparmi. Un individuo consapevole, ad esempio, eviterà di investire tutti i propri risparmi in uno o pochi strumenti, ma preferirà scegliere strumenti differenti, in modo da sfruttare il beneficio derivante dalla diversificazione. La storia passata dei mercati finanziari ci insegna infatti come più un soggetto investe in strumenti differenti fra loro (es. obbligazioni e azioni emessi da emittenti differenti fra loro), più il rischio di subire una perdita si riduce rapidamente.

Ultimo aggiornamento: maggio 2024